Intervista con François-Régis Lorenzo

FotoStudioGattaiola

François-Régis Lorenzo intervista Stefano Giannotti
Maggio 2007

Di quale mondo è contemporanea la musica detta contemporanea?
La musica contemporanea dovrebbe essere contemporanea del nostro mondo, ovvero della realtà in cui viviamo, senza perdere tuttavia di vista i grandi temi universali (sul piano dei contenuti), come la vita, la morte, gli archetipi, la libertà, il paesaggio, la memoria, ecc. cioè temi di cui si poteva parlare anche 5000 anni fa. In una società basata soprattutto sull’abbondanza e la saturazione da informazione, si potrebbe dire che contemporaneo è tutto ciò che accade oggi, senza esclusione di generi, stili, filosofie: rispetto a 15 – 20 anni fa, la musica contemporanea si è arricchita di nuove esperienze prese dal pop, dall’elettronica, dal jazz… e si è un po’ rilassata forse nei giudizi sul bene e il male (ciò che è alto, colto, degno e il suo contrario). E’ contemporaneo Luciano Berio così come Peter Gabriel, Steve Lacy, i Beatles, Morricone e Ravi Shankar, così come George Aperghis e Luc Ferrari…

Quale opera nei ultimi 10 anni testimonia meglio il legame tra musica e politica?
In questi ultimi 10 anni non saprei… forse includerei alcuni dei miei lavori per la radio LA CITTA’ DEI CARILLONS (1999) e BATTAGLIA NAVALE, del 2000 (ma di questo parlerò al punto successivo); se si va di pochi anni indietro mi verrebbe da dire THE CAVE di Steve Reich, che attraverso pochi quesiti basilari posti ad Ebrei, Palestinesi ed Americani cerca di individuare le ragioni storiche di un conflitto enorme… sempre di pochi anni prima, sicuramente CRYSTAL PSALMS di Alvin Curran, che utilizza 7 radio europee collegate via cavo come altoparlanti di una gigantesca installazione sonora per ricordare il triste evento della notte dei cristalli in cui iniziò lo sterminio degli Ebrei.
E andando indietro negli anni, tutti i lavori di John Cage, vere e proprie enunciazioni strutturali dell’utopia anarchica, e le opere di Frank Zappa… Robert Wyatt, naturalmente Bob Dylan… Fabrizio De André, ecc.

Fra le sue creazioni, quale opera ritiene più impegnata?
Ne LA CITTA’ DEI CARILLONS (SFB – 1999) ho registrato 29 gruppi di bambini da tutta Europa a cui ho affidato un compito comune: creare piccole storie che contengano le tre parole vento, strada, carillon; le differenze di lingua, contenuto, materiale sonoro, danno così vita ad un tema con variazioni universale dove l’Europa si unisce coralmente, soprattutto i paesi dell’est che all’epoca non erano ancora entrati nella UE ed erano per molti di noi poco conosciuti. L’idea di una mappa europea della creatività infantile.
In FINE DEL MESSAGGIO (DeutschlandRadio 1999) ho ipotizzato il mondo invaso da troppo suono e rumore così come da troppa comunicazione; il risultato è quello di una saturazione oppure del silenzio, entrambi elementi che possono essere usati anche a scopo di potere.
In BATTAGLIA NAVALE (DeutschlandRadio 2000) ho illustrato il tema del potere nelle sue varie sfaccettature, reinterpretando il popolare gioco della battaglia navale; al posto delle navi da affondare vi sono grandi dittatori (Mussolini, Hitler, Lenin, Stalin ecc.) e uomini politici (Berlusconi, Bossi, Reagan, Woityla ecc.); il risultato, essendo io abbastanza ignorante di politica, è quello della politica vista dagli occhi di un ignorante ed una condanna totale del potere totalitario (nei momenti di tregua, fra una battaglia e l’altra, alcuni intervistati di ambo i sessi e di nazionalità diversa rispondono alla domanda: cosa ti piacerebbe fare se tu fossi un dittatore?).

Quali sono le forme rilevanti d’impegno musicale (scrittura, diffusione, ecc.)?
Be’, un po’ tutta la diffusione e la possibilità di rendere pubblica l’opera, prerogativa oggi solo dei più danarosi; infatti è una balla colossale quella che internet faciliti la circuitazione di materiali; lo fa sicuramente, ma visto che è accessibile a tutti, si trova così tanta spazzatura insieme ai prodotti interessanti, che siamo di nuovo a capo, la visibilità diventa difficilissima; se ciascuno è visibile, non vediamo più nessuno; impegno a mio avviso significa sfiancare costantemente in maniera omeopatica il sistema non fermandosi mai, come fanno Dario Fo o Beppe Grillo, ma non solo; significa anche parlare direttamente alla gente, anche attraverso metafore che non sempre arrivano al centro, ma parlare, coinvolgere, non ignorare che esistono temi comuni a tutti gli uomini.

La musica può dare un messaggio politico senza l’ausilio delle parole?
Certamente; basti pensare alla carica sovversiva dell’opera di John Cage o di La Monte Young, ma anche del jazz e del rock.

Vede un legame tra letteratura attuale (in senso stretto, romanzi ecc.) e musica del tempo presente ? Ha in mente un libro in particolare dal quale trarre modello o ispirazione ?
Non saprei, perché le mie letture sono discontinue e non necessariamente basate su autori attuali. Posso dire che fra le opere più illuminanti che ho letto nel mio percorso ci sono sicuramente Michael Ende, James Joyce, i fumetti del Donald Duck di Carl Barks, Susan Sontag, Carlos Castaneda, Alexandro Jodorowski… ma sicuramente molto del mio lavoro prende ispirazione più dal cinema che dalla letteratura; i miei registi preferiti sono Stanley Kubrick, Andrej Tarkowski, Sergio Leone, Atom Egoyan, Kim Ki Duk, Wim Wenders…

Esiste oggi un avanguardia?
Secondo me no. Esiste l’Arte con la A maiuscola, ma non l’avanguardia; forse non è mai esistita; non riesco ad immaginare Cage tanto più sperimentale di Beethoven; esistono mezzi che in ogni epoca gli artisti sperimentano; accanto ad una storia dell’arte esiste una storia dell’evoluzione tecnologica, e dunque della sperimentazione, in ogni epoca storica, in ogni paese o civiltà.

Quali testi letterari desidera musicare ? La carica politica o sociale di un testo scritto assume secondo Lei un valore compositivo ?
Generalmente musico testi miei, non amo violentare testi di altri, so che non farei mai contento nessuno, e tanto meno me stesso. Posso però arrivare a pensare che la carica sociale e politica di un testo possa arrivare ad assumere valore compositivo; penso all’opera di Fabrizio De André e di Frank Zappa; due autori molto diversi ma i cui testi assumono a mio avviso valore compositivo; Bob Dylan, Robert Wyatt, gli Henry Cow… molti altri.

Come definirebbe dal punto di vista politico lo spirito creativo degli ultimi 10 anni?
Assai basso… molto qualunquismo e chiusura ai grandi temi; del resto è quello che le grandi multinazionali hanno voluto; l’appiattimento globale ai fini della vendita… consiglio a tutti la lettura di quel capitolo nell’autobiografia di Frank Zappa che descrive il passaggio dagli anni sessanta ai settanta dal punto di vista discografico; i primi gruppi rock degli anni sessanta prendevano a schiaffi il sistema; poi, il sistema allora ha studiato il modo di farli arrichhire arrichhendosi a sua volta; una volta diventati celebri e benestanti gli hippies e i freaks sono passati dall’altra parte; hanno tagliato i capelli, hanno smesso di inacidarsi, di fare casino e hanno occupato posti di potere; trascorsi altri 10 anni, hanno cominciato ad escludere dai loro managements i giovani potenzialmente sovversivi e ad organizzare mega-eventi, estremamente tecnologici, belli da vedere, la cui corazza esterna nasconde un vuoto totale di argomenti; in altre parole sono stati assunti dal sistema che loro criticavano allo scopo di far soldi e dunque di rafforzare il potere totalitario; questo è accaduto in tutti i campi, dal rock alla musica cosiddetta d’avanguardia; a grandi passi, incessantemente, la televisione ha distrutto tutto; oggi i giovani non riescono a concentrarsi per più di dieci minuti; L’Irak si confonde con l’Afghanistan (tanto è uguale), Bach è un deodorante, al conservatorio vengo chiamato un mese all’anno a contribuire alla donazione di diplomi accademici di secondo livello a gente che ha a malapena la licenza media, e non ha mai sentito neanche citare 2001 odissea nello Spazio, o i Beatles… come può essere lo spirito creativo degli ultimi 10 anni? soprattutto nella nostra bella Italia con tutti i tagli ai fondi per la cultura? Non c’è molto da salvare nel mainstream, dovew tutto viene finalizzato al soldo; si pensi al cinema italiano (proprio quello d’autore) che non sa mettere in scena altro che storielle di famiglia con il lui che fa le corna alla lei… devo però dire che nel sottosuolo ci sono invece molti fermenti, soprattutto in campo giovanile; un ribollire che non riesce a venire fuori proprio perché è relegato ai bassifondi dell’informazione. Giovanissimi che scrivono, tagliano e cuciono, filmano, sperimentano con entusiasmo, ma poi la maggior parte di loro si perde nella ricerca disperata di un impiego normale che normale più non è in quanto flessibile. Lo spirito creativo cambierà il giorno che riusciremo a distruggere la televisione facendo prendere coscienza alla gente della situazione di degrado mentale, culturale e sociale in cui ci troviamo; ma per fare questo ci vogliono artisti che tengano duro, outsiders, mine vaganti a cui non interessi minimamente il potere in senso politico, ma che votino il loro operare al mondo, ai grandi temi, alla gente.

Esiste una forma musicale pura o ibrida (strumentale, vocale, teatro-musicale, ecc.) che sia in grado di rispondere meglio al desiderio d’impegnarsi politicamente?
Secondo me, la canzone d’autore, il teatro musicale, il cinema inteso come composizione; più difficilmente la musica da camera, soprattutto quella cosiddetta “contemporanea” che oramai si è svuotata dei contenuti e sempre più si allontana dalla gente (da cui era già lontana come presupposto iniziale).

Il suo parere sul l’eredità assunta o rinnegata di compositori impegnati come Nono, Berio, Maderna, ecc.?
Non riesco a parlare molto di questi compositori, perché globalmente, pur riconoscendo la loro grande capacità compositiva e artistica, non ho mai amato le loro musiche in toto (se non per alcuni brani isolati); il mio parere, forse un po’ superficiale, è che siano molto lontani dalla gente (forse Nono è più umano); e forse più che da questi compositori, il vero allontanamento dal mondo avviene da parte dei loro seguaci. Non amo le scuole di pensiero, soprattutto quelle che vogliono suddividere la musica in generi, e credo che l’arte debba scendere fra la gente; per far questo ci deve essere l’intenzione alla radice; si può ipotizzare musica estremamente difficile all’ascolto, ma se nel suo DNA c’è la voglia di parlare al mondo allora la musica sarà recepita in qualche modo. Pur lavorando in maniera totalmente opposta, ammiro moltissimo John Cage e la sua idea di creare un nuovo tipo di ascoltatore; ammiro molto la musica di Alvin Curran i cui suoni riecheggiano il mondo che si ascolta e quei segnali che tutti, occidentali ed orientali possono toccare; ammiro molto il rock sperimentale, i King Crimson, i Genesis, molti altri gruppi che hanno creato un’utopia vicino alla gente; a me dell’eredità di Berio, Nono, Maderna e tantomeno dei loro seguaci è rimasto ben poco.

Ad libitum…
Sento l’esigenza sempre più impellente di vedere l’arte contemporanea nelle scuole elementari, medie e superiori; educare i bambini ad ascoltare tanta musica di tutti i tipi, a vedere del buon cinema insieme alle famiglie… Per sbaglio mio padre e mie madre da bambino mi hanno portato a vedere C’era una volta il West di Sergio Leone; naturalmente mi tappavano gli occhi nelle scene più violente; eppure quel film mi ha segnato positivamente e mi è rimasto come un esempio di vera arte; per non parlare poi di Barry Lyndon (forse avevo 10 anni); non me ne sono più liberato e ringrazio il giorno in cui per errore siamo finiti in quel cinema, pensando di vedere un film in costume; l’ossesione per Barry Lyndon mi ha portato a sperimentare costantemente, negli ultimi 20 anni l’accostamento di musiche e immagini.